I vicoli più belli di Ostuni: Lu Spessite
La Terra, caratteristico nome storico con il quale oggi si indica la parte antica del paese per distinguerla da quella moderna, sorge su un colle isolato che è detto monte di Ostuni (m. 229). Sulla sua vetta spunta la Cattedrale ben visibile anche quando si viene dal mare e accanto ad essa in passato sorgeva un Castello edificato dal popolo normanno nel 1148 e di cui oggi non c’è più traccia in quanto distrutto nel XVIII secolo ad opera del duca Bartolomeo Zevallos.
La Terra ha la forma tipica delle città orientali. Infatti come una casbah anche “Ostuni vecchia” è caratterizzata da una forma circolare divisa dalla via più importante dell’abitato (via Cattedrale) e circondata da un labirinto di strade strette, tortuose, alcune delle quali come raggi di un sole portano verso la Chiesa Madre, altre verso meravigliosi panorami che potranno piacevolmente stupire il visitatore.
Chiunque visiti la “Città bianca”, magari munito di scarpe comode e buona volontà, non può desistere dall’inoltrarsi in qualche vicolo lasciandosi sopraffare dalla curiosità. Sarà sorpreso di quanto suggestivo e davvero unico sia ciò che troverà. Il profumo di un bucato appena steso, l’aroma di un basilico mosso dal vento, il tintinnio di gocce d’acqua provenienti dalle fontane e la vista di un paio di uncinetti stretti da mani ruvide di anziane donne sedute sull’uscio di casa sono senza dubbio emozionanti esperienze che si possono incontrare.
A tal proposito si consiglia di visitare il rione cosidetto “Lu Spessìte” (togliere la e quando lo si pronuncia) di cui fanno parte strade come via Balsamo de Landria, vico Clemente Brancasi, vico Villanova (vedere cartina all’interno).
Perché chiamato “Spessìte”? Se si va con la mente all’aggettivo latino “spissus” si pensa all’addensarsi o infittirsi di cose. Così quando si finisce ne Lu Spessite ostunese, vuol dire che si è in un groviglio di strade anguste, tortuose, dove le casette sono ammassate, spesso scavate nella roccia, prive di aria e di luce, talvolta tuguri sovrapposti e addossati e che in passato ospitavano uomini e animali insieme.
CURIOSITA’: I Terroni del 1600
La parola Terrone è sempre più usata in Italia per definire con accezione negativa gli italiani meridionali. E’ stata anche oggetto di sentenze da parte di giudici che hanno condannato chi ne ha fatto un uso dispregiativo. Andando indietro nel tempo si scopre che era usata fin dal 1600. Nel XVII secolo infatti con questo termine si indicava un proprietario terreno, un latifondista piuttosto prepotente.
“Informai Vostra Signoria del brutto tiro che ci fanno questi signori terroni di volerci scacciare dal partito delle galere, contro ogni equità e giustizia, già che ho lavorato tant’anni per terminarlo, e ora che vedano il negozio buono, lo vogliono loro”, questo quanto si legge nelle Lettere di Francesco Negri ad Antonio Magliabecchi tratte dai Codici Magliabecchiani, Biblioteca Nazionale di Firenze.
DA SAPERE: Pino Aprile, giornalista e scrittore pugliese, ha scritto un libro “Terroni. Tutto quello che è stato fatto perché gli italiani del sud diventassero meridionali”.
Lo trovate presso La Bottega del Libro, Corso Mazzini, 10, Ostuni (vicino a Piazza della Libertà).
- Sara
- on Gen, 26, 2013
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